Subappalto e clausola “if and when”. Guida all’appalto.

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L’importanza del subappalto.

Quasi ogni appalto importante è accompagnato da uno o più contratti di subappalto, con i quali l’appaltatore affida ad altra impresa (o a più imprese) l’esecuzione di parti dell’opera o del servizio appaltati.

Vi sono anche casi in cui l’appaltatore fa solo da tramite finanziario e subappalta l’intero oggetto dell’appalto (questo accade per esempio quando il committente non ha fiducia nel subappaltatore o comunque non intende entrare in rapporto con lui).

Il subappalto rappresenta una grande opportunità per le imprese ma presenta diversi problemi legali.

Le regole relative al subappalto privato si trovano nell’articolo 1656 e in poche altre norme del codice civile.

Quelle relative al subappalto pubblico si trovano principalmente nell’articolo 105 del decreto legislativo 50/2016, o codice dei contratti pubblici, che contiene il noto divieto di subappalto per importo superiore al 30% del valore del contratto.

Fermandoci solo sulle norme relative all’appalto privato ricordo che il codice civile stabilisce che:

  • il subappalto deve sempre essere autorizzato dal committente (articolo 1656);
  • l’appaltatore che abbia subito una contestazione del committente deve, per potersi rivalere sul subappaltatore, comunicare a pena di decadenza la denuncia di vizi e difetti entro sessanta giorni da che l’ha ricevuta (art. 1670);
  • il subappaltatore che non sia stato pagato dall’appaltatore può agire verso il committente per ottenere il pagamento di quanto a lui dovuto, ma solo entro il limite del debito che il committente ha ancora (questa la previsione dell’articolo 1676 riferita ai dipendenti dell’appaltatore, la cui applicabilità al subappaltatore è, però, discussa).

Fatte salve queste scarne norme, al rapporto tra appaltatore e subappaltatore si applicano esattamente le stesse regole che si applicano al contratto di appalto.

Fin qui le norme di legge.

Venendo alle opportunità del subappalto è chiaro che dal punto di vista imprenditoriale il subappalto dà un importante contributo di efficienza alle imprese, specie nel settore delle costruzioni.

Con il subappalto, infatti, è possibile affidare l’esecuzione di specifiche prestazioni a soggetti organizzati per eseguirle, evitando i costi fissi del mantenimento di un’ampia organizzazione e le difficoltà organizzative connesse al coordinamento di diverse specializzazioni all’interno dell’organizzazione aziendale.

Dal punto di vista legale, però, il subappalto presenta notevoli problematiche: non considerarle nella fase di stipula e nella gestione del contratto può comportare notevoli perdite economiche.

Il rapporto tra appalto e subappalto

La prima questione è quella del rapporto tra appalto e subappalto.

Per regola generale Il subappalto è, a tutti gli effetti, un contratto dipendente dal contratto di appalto principale. Questo vuol dire che tutte le vicende del contratto principale si riflettono sul subappalto.
Se, quindi, il contratto di appalto per qualsiasi ragione cessa di essere efficace, allora anche il subappalto è caducato.
Ciò impone particolare attenzione nella stesura dei contratti di subappalto, dovendosi tenere bene conto dei rapporti con il contratto di appalto principale, dato che la regola legale di base non è sempre soddisfacente per il caso concreto.

Vi sono, infatti, ipotesi in cui è iniquo imporre al subappaltatore la perdita del guadagno che si attendeva dal subappalto.

Questo accade per esempio, quando l’appalto principale è cessato per colpa dell’appaltatore o quando il subappaltatore ha dovuto predisporre una complessa organizzazione prevedendo di realizzare l’intero subappalto.

Vi sono, invece, ipotesi in cui è bene chiarire la totale dipendenza del contratto di subappalto da quello di appalto.

Questo può accadere, per esempio, quando l’appalto è estremamente complesso e quindi è necessario obbligare il subappaltatore a un particolare sforzo di coordinamento con l’appaltatore.

L’autorizzazione del subappalto

Altra questione da considerare è quella dell’autorizzazione del subappalto.

Sia il codice civile sia il codice dei contratti pubblici prevedono che il subappalto debba essere autorizzato.

Queste regole pongono il problema di cosa succeda del subappalto non autorizzato e in particolare la domanda se quando manchi l’autorizzazione il subappaltatore debba essere pagato.

L’appalto privato non autorizzato è un contratto in linea di principio valido.

È, però, chiaro che il committente può reagire in vari modi a un subappalto non autorizzato, per esempio risolvendo il contratto di appalto o impedendo il lavoro in cantiere dei dipendenti del subappaltatore, che si troverà quindi costretto a interrompere la prestazione, valutando eventuali richieste di risarcimento all’appaltatore.

Nell’appalto pubblico, invece, va ricordata la disposizione dell’art. 21 della legge 646/1982, norma che vieta all’appaltatore di opera pubblica di cedere in subappalto o a cottimo l’esecuzione delle opere stesse o di una loro parte senza l’autorizzazione della “autorità competente”: da tale norma un orientamento consolidato dei Tribunali fa derivare la nullità del contratto di subappalto non autorizzato.

Applicando questa disposizione molte sentenze, anche recenti, seguono una linea di particolare rigore, stabilendo che l’impresa che abbia assunto in subappalto l’esecuzione totale o parziale di un’opera pubblica senza autorizzazione della stazione appaltante non ha diritto ad alcun titolo a compenso, neppure per la restituzione dell’indebito arricchimento ottenuto dal soggetto che ha illecitamente commissionato i lavori in subappalto.

I rapporti tra appaltatore e subappaltatore

I rapporti tra appaltatore e subappaltatore sono regolati, come detto, dalle disposizioni del codice civile in tema di appalto.

Nel caso particolare del subappalto c’è, però, una notevole criticità.

Secondo le regole generali in materia di appalto come interpretate dalla giurisprudenza l’interferenza del committente nel lavoro dell’appaltatore diminuisce la posizione di indipendenza di quest’ultimo e quindi ne allevia la responsabilità per errori, vizi e difetti di qualsiasi natura.

Per regola generale interpretativa, per esempio, l’appaltatore è giustificato se è stato invitato a eseguire un progetto errato o carente o comunque se ha seguito le istruzioni cogenti del committente (per indicare l’appaltatore che non ha potuto operare in maniera autonoma si usa l’espressione latina “nudus minister”).

Nel subappalto il committente del subappaltatore è a sua volta un appaltatore, tenuto a eseguire senza vizi il lavoro o il servizio appaltato.

Ne deriva la naturale e ben giustificabile tendenza dell’appaltatore a controllare minuziosamente ogni aspetto dell’attività del subappaltatore, per avere la certezza di ottenere esattamente il risultato promesso al committente.

Questo, però, può portare alla fuga del subappaltatore dalle proprie responsabilità, sul presupposto che durante i lavori non è stata assicurata la necessaria autonomia.

Nella stesura dei contratti di subappalto è quindi necessaria una particolare attenzione sul punto.

Dal punto di vista dell’appaltatore, per evitare che il subappaltatore eccepisca di essere stato nudus minister si possono, per esempio, prevedere dei controlli successivi di conformità delle opere eseguite invece che dei controlli preventivi.

Si può, altrimenti, imporre un’ampia verifica preventiva dei progetti, con obbligo del subappaltatore di indicare i difetti riscontrati e i miglioramenti proposti.

Sempre nella stessa prospettiva si deve ben chiarire nei contratti che i controlli dell’appaltatore sul subappaltatore hanno natura esclusivamente tecnica e non incidono sulla autonomia organizzativa del secondo.

Dal punto di vista del subappaltatore, invece, è opportuno che siano chiariti bene i confini dell’impegno preteso dall’appaltatore/committente: molte cause derivano dal fatto che nel subappalto sono attese dal subappaltatore prestazioni ulteriori rispetto a quelle indicate nel contratto per tenere conto delle esigenze del committente finale.

Ho notizia, per esempio, di contenziosi relativi a subappalti di serramenti e vetrate in cui l’appaltatore/committente aveva preteso nel corso del montaggio i cambiamenti necessari a soddisfare le attese del proprio committente.

I contratti non erano chiari nel delimitare le prestazioni del subappaltatore, al quale, pertanto, erano state chieste modifiche piuttosto onerose, con conseguente lite sull’identificazione dell’oggetto dell’impegno del subappaltatore.

La clausola “if and when”

Una questione molto delicata è quella della clausola “if and when” o “pay when paid” o “passante”, non regolata dalla legge italiana e “importata” dalla contrattualistica anglosassone.

Si tratta di una clausola talvolta richiesta dagli appaltatori ai propri subappaltatori e diretta a condizionare il pagamento al fatto che l’appaltatore sia a sua volta stato pagato dal committente finale.

La clausola può condizionare il pagamento in tutto o in parte e può essere riferita sia al prezzo “base” sia ai corrispettivi aggiuntivi dovuti per il pagamento di varianti e per il riconoscimento delle c.d. “riserve”, ossia delle domande di maggiori compensi per oneri sopportati nel corso dei lavori.

Con questo patto, in sostanza, il rischio dell’inadempimento del committente è “scaricato” sul subappaltatore, ultimo anello della catena contrattuale.

Nella formulazione più semplice tale tipo di clausola ha questo tenore : “il pagamento del prezzo dei lavori/del servizio sarà effettuato dopo il saldo del corrispettivo dell’appaltatore da parte del committente dell’opera/servizio principale”.

La clausola passante risponde all’esigenza dell’appaltatore di non dover pagare il corrispettivo del subappalto nel caso in cui, per qualsiasi motivo (fondato o infondato che sia), l’appaltatore non versi il dovuto.

Questa clausola è mal vista dai subappaltatori, che talvolta la devono accettare per l’imposizione dell’appaltatore, temendo di perdere un’occasione di lavoro o di pregiudicare future relazioni d’affari.

Solo in rari casi c’è adesione convinta a clausole passanti “limitate”, come quelle relative alle “riserve”.

Il problema di questa clausola è ovviamente di natura interpretativa.

Si tratta, infatti, di capire se con tale pattuizione il diritto del subappaltatore a compenso in caso di insolvenza del committente sia veramente escluso o se sia possibile riconoscere allo stesso una residua possibilità di essere soddisfatto per il prezzo del lavoro svolto.

Sulla clausola if and when ci sono pochi precedenti di giurisprudenza ma si trovano alcuni importanti decisioni di Collegi Arbitrali e studi giuridici.

Esaminando le decisioni dei Tribunali e arbitrali e gli studi giuridici si riscontra l’indicazione di diverse interpretazioni favorevoli al subappaltatore.

Secondo una prima interpretazione questa clausola sarebbe semplicemente finalizzata a indicare un termine per il pagamento.

Qualora, quindi, il ritardo nel saldo del subappaltatore sia eccessivo, esso può agire per far fissare dal Giudice una data di pagamento, secondo quanto previsto dall’articolo 1183 del codice civile per i casi in cui non risulti determinato il tempo dell’adempimento.

Secondo altra interpretazione, invece, in caso di prolungato inadempimento del committente (e quindi dell’appaltatore) il subappaltatore potrebbe comunque richiedere la risoluzione del contratto di subappalto e il risarcimento del danno.

Altra tesi ancora ritiene che l’appaltatore sia comunque tenuto a pagare il compenso del subappaltatore quando l’inadempimento del committente derivi dalla negligenza dell’appaltatore.

Va, però, considerato che queste interpretazioni sono riferite a casi nei quali il contratto lascia un margine di tutela per il subappaltatore, data l’ampiezza della clausola “passante”.

Nei casi in cui, invece, la clausola è chiara e dettagliata e prevede inequivocabilmente che il rischio dell’appaltatore sia rovesciato sul subappaltatore la tutela del subappaltatore può essere veramente difficile.

I rapporti tra committente finale e subappaltatore.

Per regola generale il committente finale non ha alcun rapporto con il subappaltatore.

Non può dargli indicazioni, non può pretendere il suo adempimento e non è (in linea di principio) debitore del pagamento del suo compenso

Nel subappalto vige quindi una regola diversa da quella applicabile alla sublocazione, per la quale l’articolo 1595 del codice civile prevede che il proprietario dell’immobile possa agire verso il conduttore per ottenere il pagamento del canone e in generale l’adempimento degli obblighi contrattuali.

L’assenza di un rapporto tra committente finale e subappaltatore è critica sul piano giuridico, dato che il committente non può intervenire direttamente sui comportamenti del subappaltatore ma può farlo solo indirettamente, agendo nei confronti dell’appaltatore.

Questa situazione può avere effetti veramente negativi tutte le volte quando sia urgente intervenire per evitare pregiudizio irreparabile o quando l’appaltatore non sia in grado di esercitare i poteri che gli derivano dal contratto di subappalto (per esempio perché è fallito o non è, per altra ragione, pronto a intervenire).

Nelle opere più complesse sul piano operativo, per le quali si presta attenzione alla stesura dei contratti e dei disciplinari d’opera, si attribuisce talvolta al Direttore dei Lavori il potere di intervenire anche in relazione all’attività dei subappaltatori.

In altri casi si prevede nei contratti il potere dei committenti finali di “assorbire” il rapporto contrattuale con i subappaltatori, scavalcando l’appaltatore che sia, per colpa o meno, inerte nel rapporto con i subcontraenti.

Spesso, però, la questione dei rapporti tra committente e subappaltatore è totalmente ignorata, probabilmente perché il committente non vuole essere coinvolto in contrapposizioni di interessi che percepisce come estranee alla sua sfera o perché il committente è convinto, a torto o a ragione, che sia meglio non interferire nei subappalti per evitare che dall’interferenza derivino maggiori richieste economiche dell’appaltatore.

Trascurare il tema del rapporto tra subappaltatore e committente è, però, pericoloso e può portare a difficoltose rincorse alla risoluzione ritardata del problema quando ormai la situazione è pregiudicata.

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