“Se l’inquilino non restituisce l’immobile entro il mese stabilito dovrà pagare 10.000 euro di penale …. L’impresa è tenuta a versare la somma di 100.000,00= euro se non completa il cantiere entro la fine dell’anno ...”.
Nei contratti sono molto frequenti le clausole penali, ossia i patti con i quali si prevede che la parte inadempiente è tenuta a versare all’altra parte una determinata somma di denaro (o comunque a eseguire una prestazione) a titolo di risarcimento del danno e di “punizione” privata.
Quando si firma un contratto spesso non si fa caso alla clausola relativa alla penale: alla prova dei fatti, però, la penale può rivelarsi veramente molto onerosa.
In questo post vediamo come difendersi dalla pretesa del creditore di vedere adempiuto questo tipo di clausola.
Contenzioso civile
Cosa vuol dire pignorare i beni del debitore?
L’attività necessaria a soddisfare il credito con i beni del debitore si chiama pignoramento.
Il pignoramento (dal latino “pignus”, ossia “pegno”) consiste nell’acquisizione di uno o più beni del debitore (contro la sua volontà, ovviamente) per venderli all’asta e soddisfare un credito con il risultato dell’asta.
Si tratta in pratica di una “espropriazione” del debitore (dal latino “ex proprius”, che esprime il concetto del ritiro di un bene dalla disponibilità del debitore).
In determinate situazioni l’esito del pignoramento può essere l’assegnazione al creditore di un bene del debitore (per esempio la somma di denaro depositata presso una banca)
Il pignoramento in alcuni casi può avere un costo significativo: è quindi importante conoscere I diversi tipi di pignoramento possibile ed i relativi costi. per programmare l’attività di recupero credito di impresa
Società: ribellarsi (per la minoranza) è giusto!
Chi fa parte di una società è abituato a pensare che … la maggioranza ha sempre ragione e quindi non si interroga sula possibilità di contrastare gli atti di mala fede dei soci di maggioranza
In realtà, esaminando bene le decisioni dei Tribunali e della Cassazione si trova un principio molto importante: in sede di assemblea la maggioranza non può fare quello che vuole, ossia non può … abusare del suo potere a danno dei soci di minoranza approvando deliberazioni contrarie al principio di buona fede (che deve essere rispettato eseguendo qualsiasi contratto secondo le prescrizioni degli articoli 1175 e 1375 del codice civile).
Vi sono molti casi in cui una decisione presa dai soci di maggioranza in assemblea di per sé non è dannosa né vantaggiosa per la società, ma è solo … dannosa per i soci di minoranza, contro i quali è stata adottata in mala fede.
In tutti questi casi la decisione è invalida e piò essere impugnata dai soci di minoranza, per i quali i Giudici hanno aperto, nel tempo, un importante spazio di tutela (a partire dalla notissima decisione della Cassazione n. 11151 del 26 ottobre 1995).
Secondo i Giudici, infatti, vi sono delle deliberazioni che si possono definire “abusive” perché contrarie al principio di buona fede in quanto destinate unicamente a danneggiare i soci di minoranza e queste decisioni possono essere dichiarate invalide.
Corte di Cassazione n. 11151 del 26 ottobre 1995
Non può quindi dubitarsi dell’illegittimità di una delibera assembleare che, per quanto formalmente regolare, risulti in concreto preordinata ad avvantaggiare alcuni soci in danno di altri
Purtroppo in proposito non c’è una regola legale definita (ossia una norma di legge chiara e precisa) ma occorre rifarsi ai cosiddetti “precedenti” della giurisprudenza (si veda il glossario per il concetto di “giurisprudenza”).
Esaminando questi precedenti si trovano diversi casi in cui una decisione assembleare è stata considerata “abusiva” e quindi invalida.
Vale la pena di tenere presenti questi casi e di valutare se sono applicabili alla situazione che ci interessa.
L’aumento del capitale per danneggiare la minoranza
Un tipico caso di abuso è l’approvazione di un aumento di capitale che non serve alla società, finalizzato solo a “diluire” la partecipazione dei soci di minoranza fino a renderla influente o comunque a danneggiare tali soci.
Il Tribunale di Cagliari lo ha affrontato nel 2009 in relazione a una società in cui c’era insanabile contrasto tra maggioranza e minoranza.
Il socio di maggioranza aveva approvato un abnorme aumento di capitale per finanziarie un’iniziativa impossibile per difetto delle necessarie autorizzazioni e la delibera è stata considerata invalida per violazione del principio di buona fede.
Trib. Cagliari 9 giugno 2009
Sussiste il fumus del vizio di eccesso di potere della deliberazione e, conseguentemente, gli estremi per la sospensione dell’esecuzione della delibera per gravi motivi, nel caso in cui, in presenza di un irriducibile contrasto fra i soci, l’iniziativa economica dichiaratamente sottesa all’operazione di aumento sia pretestuosa in quanto caratterizzata da un oggetto indefinito nonché da un esito incerto al di là di ogni ragionevolezza e comporti, per i soci, un costo non necessario.
Lo scioglimento anticipato “abusivo
Il codice civile consente ai soci di qualsiasi società di deliberarne lo scioglimento a maggioranza in qualsiasi momento.
La maggioranza, però, non può abusare del proprio potere ponendo in essere un’operazione abusiva.
È stata per esempio considerata invalida la deliberazione di scioglimento anticipata seguita dalla costituzione di una nuova società con oggetto identico alla quale avevano aderito tutti i soci, meno uno, quello di minoranza.
Lodo Arbitrale Catania 27 maggio 2009
La delibera di scioglimento anticipato di una società … può essere invalidata sotto il profilo dell’abuso della regola di maggioranza quando risulti arbitrariamente o fraudolentemente preordinata al solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero di ledere gli interessi degli altri soci. La prova dell’abuso della regola di maggioranza incombe sul socio di minoranza il quale dovrà a tal fine indicare i «sintomi» di illiceità della delibera deducibili non solo da elementi di fatto esistenti al momento della sua approvazione ma anche da circostanze verificatesi successivamente.
Nello stesso senso la Cassazione con la decisione n. 11151 del 1995 ha affermato l’invalidità di una delibera di scioglimento anticipato non giustificata poiché l’andamento della gestione era largamente in attivo, a approvata con il voto determinante di soci che erano, al tempo stesso, soci di una società concorrente.
L’approvazione di compensi esorbitanti per gli amministratori
I compensi degli amministratori sono soggetti a ordinarie regole di blea che decidano il pagamento agli amministratori di compensi eccessivi rispetto all’attività svolta.
La deliberazione “disinformata”.
Altra ipotesi di abuso è quella della deliberazione di assemblea proposta ai soci di minoranza sulla base di informazioni incomplete, errate o reticenti date loro dai soci di maggioranza.
Anche in questo caso la deliberazione può considerarsi invalida.
Cassazione 12 dicembre 2005, n. n. 27387
La doglianza che la maggioranza dei soci non abbia consentito alla minoranza ampia informazione e discussione su un argomento all’ordine del giorno attiene a disciplina etica e di merito e non a questione … sindacabile del giudice … a meno che non si deduca e dimostri che proprio l’indicato comportamento prevaricatore, frutto di un disegno della maggioranza di realizzare propri interessi particolari in contrasto non con quelli oggettivamente sociali, abbia determinato in concreto scelte contrastanti con gli interessi della società
Ma come si reagisce all’abuso della maggioranza? Come si ci ribella?
Ribellarsi sarà anche giusto, ma come sempre nel campo della giustizia civile, non esiste alcun organo pubblico al quale appellarsi per far rispettare la legge (non si può, per usare una parola comune “denunciare” la maggioranza alla Procura della Repubblica o a un Organo simile).
Di fronte agli abusi della maggioranza occorre promuovereuna causa presso in Tribunale (o presso un arbitro o un collegio arbitrale se questo è previsto dallo statuto sociale).
Il problema è che questa causa può essere piuttosto lunga e magari anche costosa.
Per evitare queste difficoltà occorre sempre, anche quando non è in vista alcuna lite, insistere per ottenere dagli altri soci l’inserimento nello statuto della società di regole per la risoluzione semplice e veloce delle liti (per esempio attraverso un procedimento di mediazione) oppure insistere in Tribunale, se proprio non si è potuta evitare una lite, perché gli effetti della delibera “abusiva” siano sospesi.
Come farsi pagare? Bisogna fare come fanno le Banche e i tedeschi.
Tutte le imprese sono danneggiate dall’insolvenza dei clienti.
Neppure le ricerche finanziarie e patrimoniali (quando si fanno…) , neppure i contratti ben scritti (quando ci si ricorda di prepararli) riescono a prevenire la morosità di chi deve saldare le fatture.
Per ridurre il rischio di insolvenza un buon sistema è comportarsi come le Banche: come poi dirò anche i tedeschi hanno qualcosa di utile da insegnare in proposito.
Conviene comprare i contratti in tabaccheria?
[vc_row][vc_column width=”1/3″][vc_single_image image=”1832″ img_size=”large” css=”.vc_custom_1511516536551{margin-bottom: 0px !important;border-bottom-width: 0px !important;padding-bottom: 0px !important;}”][vc_column_text css=”.vc_custom_1511516519414{margin-top: 0px !important;border-top-width: 0px !important;padding-top: 0px !important;}”]
Una volta i tabaccai vendevano i moduli di contratto
[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”2/3″][vc_column_text]Fino a qualche tempo fa quando bisognava preparare un contratto di locazione c’era l’abitudine di andare in tabaccheria per acquistare un modulo stampatao su una bella carta spessa.
Il modulo aveva appositi spazi bianchi per l’indicazione delle parti e dell’immobile concesso in locazione: nell’uso comune si chiedeva un modulo per “affitto” (anche se tecnicamente il contratto di “affitto” è ben altra cosa rispetto alla locazione).[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Oggi forse non si va più in tabaccheria a comprare moduli per contratti, ma si ha l’abitudine di cercare in Rete un modello di contratto più o meno adatto alle proprie esigenze, di scaricarlo e di completarlo.
I modelli di contratto sono ovviamente utili, specie per rapporti di poca importanza economica e basso rischio
I contratti basati su modelli male o poco adattati spesso sono, però, alla base di complicate e costose cause.
Va considerato in particolare che di solito chi imposta un modello di contratto finisce con il tempo per “perdere qualche pezzo” o per creare un testo molto confuso a forza di tagliare il contratto – base o di aggiungervi clausole.
Per esempio: le immobiliari che hanno molti appartamenti da concedere in locazione spesso confondono i diversi immobili e inseriscono clausole errate nei contratti.
Ogni imprenditore dovrebbe dotarsi di un “suo” modello di contratto, periodicamente revisionato e aggiornato, magari partendo da un modulo – tipo, purché opportunamente integrato.
Qualche idea su come creare il “vostro” modello di contratto.
1 Seguire il codice civile e le leggi.
Per fortuna il codice civile del ’42 (un po’ meno le leggi che l’hanno integrato dal dopoguerra a oggi) contiene regole molto chiare e dettagliate sui singoli contratti: dalla vendita, alla locazione, all’agenzia, all’appalto.
Un buon modo per scrivere il proprio modello di contratto è … consultare il codice civile, scegliere il tipo di contratto adatto alle proprie esigenze e scrivere tenendo conto di quanto indicano le norme.
Con un po’ di difficoltà in più lo stesso si può fare seguendo le leggi posteriori al codice civile che hanno regolato particolari contratti, come il franchising o il credito al consumo.
Tenendo ben presenti i testi di legge si può evitare un errore molto comune che consiste nello stendere contratti “ibridi”, dei quali non è ben chiara la natura, con conseguenti incertezze in fase di attuazione (un ibrido molto frequente, per esempio, è quello tra contratto di appalto e contratto di vendita di cosa da costruire).
Uno sbaglio che si fa spesso è quello di inserire nel contratto degli ingredienti (o clausole) del tutto inutili, trascurando quanto essenziale.
Ci sono modelli, per esempio, che prevedono a carico delle parti l’obbligo di … “rispettare tutte le leggi”, ossia un obbligo implicito per ogni impresa, del tutto inutile da ricordare (mentre nel modello, qualche riga prima, ci si è dimenticati di chiarire la metratura dell’immobile venduto o il peso lordo delle derrate da consegnare).
Controllare e seguire le norme di legge aiuta a concentrarsi sulle clausole essenziali.
2 Seguire le regole di base degli articoli 1325 e seguenti del codice civile
Spesso (oggi molto di frequente) il modello di contratto da predisporre non rientra in un “tipo” previsto dalla legge (penso per esempio ai contratti di assistenza informatica).
Per queste situazioni nello stendere il modello di contratto un aiuto fondmentale è dato dagli articoli 1325 e seguenti del codice civile, norme che indicano i requisiti di qualsiasi contratto, anche se non regolato dalla legge
Secondo queste norme, per esempio:
– l’oggetto dei contratti deve essere ben ben determinato o determinabile (mentre spesso, specie nei contratti di consulenza, la prestazione contrattuale non è ben definita … );
– il contratto deve avere una causa conforme alle norme imperative (ossia non derogabili), all’ordine pubblico e alla buon costume (ossia al complesso dei principi e dei valori dell’organizzazione sociale e giuridica).
Seguendo attentamente le regole generali per i contratti, quindi, si può evitare di creare modelli di contratto poco efficienti perché esposti a contestazioni (penso per esempio a un modello di contratto che preveda discriminazioni tra diversi gruppi di utenti o che precluda l’accesso ai servizi di un ‘impresa ad appartenenti a minoranze etniche o religiose).
In altri post chiarirò quali sono le più importanti tra le regole citate.
3. Non dimenticare elementi essenziali.
Anche il migliore dei modelli contrattuali può essere inutile per la prevenzione delle liti se si trascurano due ingredienti essenziali di un buon contratto:
– le indicazioni previste dalle leggi per il settore di attività dell’impresa;
– gli allegati tecnici e progettuali, se necessari.
In un sistema economico regolato da minuziose norme legali o tecniche non esiste in pratica nessun settore in cui non sia previsto quali indicazioni devono essere presenti nei contratti perché siano validi o comunque efficaci.
Per l’articolo 2659 c.c. i contratti di compravendita di immobili ne devono indicare almeno tre confini ai fini della trascrizione, nel settore alimentare e in quello agricolo sono previsti stringenti obblighi di “tracciabilità”, nel settore delle materie prime esistono disciplinari tecnici relativi alla qualità, alle caratteristiche, alla provenienza, ecc.
Un modello di contratto che non contenga le indicazioni necessarie è un modello che non svolge correttamente la sua funzione.
Allo stesso modo risulta “non funzionale” un modello di contratto che non contenga i necessari allegati tecnici e progettuali (purtroppo spesso accade che il personale addetto a raccogliere le firme dei clienti al modello di contratto dimentichi di predisporre gli allegati e di farli approvare, creando i presupposti per una lite).[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/3″][vc_single_image image=”1840″ img_size=”large”][/vc_column][vc_column width=”2/3″][vc_column_text]4. Distinguere le condizioni generali da quelle particolari.
In molti settori economici i modelli di contratto sono complessi: si pensi ai contratti di vendita di macchinari o di manufatti prefabbricati.
Un buon sistema per predisporre il modello di contratto è dividere le condizioni generali applicabili a tutti i contratti dalle condizioni particolari dei singoli ordini.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]In questo modo si ha a disposizione un apparato (lungo e complesso quanto serve) di regole che non è necessario presentare ogni volta al cliente ma che può essere presentato come un dato di fatto.
Il rapporto contrattuale con il cliente si può così concentrare sulle esigenze dei singoli ordini.
5. Individuare la controparte e tenere conto della speciale protezione che la legge le offre.
Nella società moderna il diritto privato divide le persone e le imprese in particolari categorie, offrendo a ciascuna categoria una protezione più o meno intensa: l’idea di base del sistema è che un soggetto considerato “debole” debba essere tutelato contro clausole contrattuali a lui sfavorevoli.
Nel predisporre i contratti di impresa bisogna tenere conto di due categorie principali: dal lato della vendita i consumatori e dal lato degli acquisti i “subfornitori”.
I contratti di vendita di beni e servizi ai consumatori finali devono tenere conto del “codice del consumo” decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
Articolo 2 Codice del consumo
é consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta
Il Cdc stabilisce che sono nulle (e quindi come non esistenti) tutte le clausole «che, nonostante la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto» con i consumatori.
È per esempio nulla, secondo il CdC qualsiasi clausola che preveda «un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà» (qui il Cdc con l’elenco delle altre clausole nulle)
Dal lato degli acquisti bisogna considerare la categoria dei “subfornitori” , protetti dalla legge 18 giugno 1998, n. 192.
Art. 1 legge 192/2998 Definizione di subfornitura
Con il contratto di subfornitura un imprenditore s’impegna a effettuare per conto di un’impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o s’impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente
Nella subfornitura, soprattutto, è vietato abusare della dipendenza economica del subfornitore dall’impresa committente.
Il contratto con i subfornitori deve sempre presentare gli specifici requisiti di forma e di sostanza previsti dalla legge 192/1998 e in tale contratto sono nulle determinate clausole
Articolo 9 legge subfornitura
È vietato l’abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova … una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi … l’abuso può anche consistere … nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie.
Nel predisporre i modelli di contratto, quindi, si deve tenere conto delle speciali protezioni che la legge riserva alle categorie dei consumatori e dei subfornitori ed evitare l’inserimento di clausole vietate (come quelle che determinano “abuso di dipendenza economica”).
6.Stare attenti nel “vessare” la controparte.
Se parliamo del “nostro” modello di contratto parliamo di un testo pronto e completo da far sottoscrivere alla controparte.
Per questa situazione l’articolo 1341 del codice civile impone che certe clausole, definite “vessatorie”, siano sempre inefficaci (ossia come non inserite) se non sono state fatte approvare per iscritto alla controparte con una apposita sottoscrizione (la classica “doppia firma”.
Le clausole sono le seguenti (in altri post spiegherò il significato legale delle espressioni.)
– limitazioni di responsabilità;,
– facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione,
– previsione a carico del contraente che aderisce al contratto di decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto,
– clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Il modello di contratto deve quindi prevedere, con apposita evidenza grafica, una sottoscrizione separata e aggiuntiva per le clausole “vessatorie”.
Un errore molto comune è l’inserimento nel modello di contratto di una clausola finale di doppia approvazione di “tutte le clausole” del contratto.
Così facendo non si rispetta la prescrizione dell’articolo 1341, che impone di richiamare all’attenzione di chi firma le singole clausole vessatorie.
La Cassazione di recente ha precisato che «con riferimento all’ipotesi in cui la distinta sottoscrizione richiami più condizioni generali di contratto … l’adempimento in parola può ritenersi realizzato soltanto nel caso in cui tutte le clausole richiamate siano vessatorie, mentre il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio, e la sottoscrizione indiscriminata di esse, sia pure sotto l’elencazione delle stesse secondo il numero d’ordine, non determina la validità ed efficacia, ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2, di quelle onerose».
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/3″][vc_single_image image=”1842″][/vc_column][vc_column width=”2/3″][vc_column_text]7. Inserire sempre una clausola per gli imprevisti
Nel dibattito economico si parla molto di risk management.
Si tengono corsi, si formano esperti, si fondano addirittura delle divisioni aziendali.
Se, però, si controllano i modelli di contratto delle imprese non si trova mai una clausola relativa al rischio di insuccesso del contratto.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Quando ci s’impegna a fornire un bene o un servizio il rischio di non riuscire a fare quanto promesso è sempre presente: questo rischio, però non è mai considerato nei modelli di contratto, nonostante il diritto privato italiano preveda pesanti responsabilità per chi non adempie un contratto.
Un modello di contratto efficiente deve sempre prevedere una clausola che consenta all’impresa di sciogliersi dall’impegno contrattuale senza oneri in caso di imprevisti che rendano impossibile la prestazione.
8. Considerare la grafica.
La grafica dei contratti è un elemento importantissimo e talvolta è usata in modo un po’ … malizioso (tutti si lamentano delle clausole minuscole contenute nei moduli delle grandi società assicurative e finanziarie).
L’attenzione alla grafica dei contratti è utile, perché:
- consente di evidenziare le parti importanti sia per l’impresa che li predispone sia per la controparte;
- può rappresentare uno strumento di marketing (per effetto dell’evidenza data ai vantaggi offerti ai clienti);
- contribuisce alla massima chiarezza dei patti contrattuali.
9. Programmare revisioni periodiche
Il sistema legale italiano è in continua evoluzione: cambiano le leggi, cambiano i regolamenti di attuazione e cambiano gli orientamenti dei Tribunali e della Cassazione.
Troppo imprese, però, hanno modelli di contratto sclerotizzati e sempre uguali nel tempo.
La revisione dei contratti deve diventare un’attività tipica degli uffici amministrativi, da svolgere periodicamente: se necessario si potrà ricorrere a una consulenza specializzata (alcune imprese hanno la buona abitudine di far rivedere il modello di contratto al professionista di fiducia una volta l’anno).
PricewaterhouseCoopers ha messo in rilievo l’importanza della revisione periodica dei contratti e la necessità di creare all’interno dell’impresa dei canali di comunicazione diretta tra chi è incaricato della revisione dei contratti e i vari dipartimenti aziendali.
Questa comunicazione è veramente fondamentale: non ha nessun senso modificare nel tempo i livelli qualitativi dei prodotti e i listini se il modello di contratto in uso non si adegua a quanto, succede in azienda.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]
Dieci strategie legali per essere pagati dai clienti.
Un buon contratto da solo non basta per essere certi del pagamento della forniture e dei servizi.
Nella fase di esecuzione del contratto si nascondono diverse insidie che possono pregiudicare la soddisfazione dei propri crediti.
Per evitarle e avere certezza di pagamento occorre rispettare scrupolosamente le clausole del contratto e saper reagire agli imprevisti.
Ecco i dieci segreti per eseguire bene un contratto e non correre il rischio di insoluti.
L’usura sopravvenuta non esiste (più)
Una recentissima decisione della Cassazione ha stabilito che nei contratti bancari … la c.d. “usura sopravvenuta” non esiste, ossia che il sistema legale italiano non conosce questo istituto.
Si tratta della sentenza a Sezioni Unite n. 24675 del 19 ottobre 2017.
Secondo tale decisione il tasso di interesse stabilito nei contratti di mutuo (ma ovviamente anche in ogni altro contratto di finanziamento) rimane valido anche se dopo la firma del contratto tale tasso risulti superiore alla soglia per la quale il tasso dovrebbe considerarsi “usurario”.
Il blog non insegue l’attualità, ma questa sentenza è talmente importante che ho pensato di ricordarla e di pubblicare il link alla stessa.
I Tribunali italiani sono investiti da moltissime cause relative al tema della usura bancaria.
In queste cause coloro che hanno restituito o devono restituire prestiti agiscono per vedere applicata nei confronti delle Banche la disciplina legale in tema di usura, contenuta principalmente:
IL DECALOGO DELLA MEDIAZIONE
“Il mio consulente mi ha detto che devo invitare la controparte a una mediazione. Non capisco perché! Ho ragione. Per quale ragione dovrei mediare con chi mi deve pagare?”.
“Ci è arrivato l’invito a una mediazione proposto da un’impresa che da tempo pretende un pagamento non dovuto. Non intendiamo assolutamente aderire. Le pretese della controparte sono infondate. Perché mai gli impiegati della nostra azienda dovrebbero perdere del tempo?”.
Spesso un legale si sente rivolgere domande come quelle che ho riportato sopra, formulate da soggetti che non comprendono bene cosa sia una “mediazione” e che non credono assolutamente nella sua utilità.
IN GAZZETTA IL DECRETO SUL PROCESSO CIVILE. QUALCHE BUONA NOTIZIA?
È stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale il decreto legge sulla processo civile, definito “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato i materia di processo”.
Qui in allegato il testo del decreto.
Le misure contenute nel decreto probabilmente saranno in parte modificate in sede di conversione.
Poiché, però, molte novità sono operative già da sabato 13 conviene passarle in rassegna, sia pure molto rapidamente.
Le principali novità del decreto sono quattro:
- la previsione della possibilità di trasferire a un Collegio Arbitrale le cause pendenti in primo grado o in appello;
- l’introduzione della procedura di “negoziazione assistita da parte di un avvocato” già sperimentata da qualche anno in Francia;
- l’introduzione di procedimenti di separazione e divorzio “volontari” senza coinvolgimento del Tribunale;
- il rafforzamento della procedura di esecuzione delle sentenze, ottenuto attraverso l’interrogazione delle banche dati della Pubblica Amministrazione e, in particolare, dell’Anagrafe Tributaria.
Secondo la modesta opinione dello scrivente solo l’ultima misura potrà portare a un immediato vantaggio per le imprese, che ora incontrano forti difficoltà nell’eseguire le sentenze e i decreti ingiuntivi in loro favore. Sulle altre misure il giudizio deve essere molto cauto Vediamo comunque le novità.
LA MANUTENZIONE DEL CONTRATTO: UNA STRADA OBBLIGATA
Chi ha una minima conoscenza dei normali meccanismi di organizzazione dell’impresa sa che di solito i contratti, una volta stipulati, giacciono dimenticati in uno schedario dal quale saranno riesumati solo in occasione di un contenzioso (magari dopo un’affannosa ricerca della “versione finale” dell’accordo).
Questo succede per tutti i contratti: con i fornitori, i clienti, i soci di iniziative comuni, il proprietario dell’immobile aziendale, ecc.
Il disinteresse del contratto deriva dal comune modo di pensare, che rifiuta categoricamente “in tempo di pace” qualsiasi riflessione sugli aspetti legali dell’attività di impresa.