Molto di frequente nella società di piccole dimensioni o a base familiare (s.r.l. o s.p.a. cosiddette “chiuse”) i soci preferiscono effettuare dei finanziamenti alla società invece che dotarla di capitale.
In questo modo i soci sperano di vedere ridotta la loro esposizione al rischio di impresa, dato che il denaro messo a disposizione della società non è – nelle loro intenzioni – da considerarsi capitale di rischio.
Si tratta del diffuso fenomeno della “sottocapitalizzazione”, ossia della prassi di non dotare la società in modo definitivo e stabile delle risorse necessarie per l’attività sociale, bensì di mettere a disposizione della stessa solo risorse “effimere”, in quanto soggette a restituzione.
Chi ha esperienza del mondo economico sa che spesso i soci delle società a capitale ristretto svolgono riunioni informali nelle quali si decidono finanziamenti proporzionali alla società da parte dei soci, da erogarsi sotto forma di denaro o di prestazioni di beni e servizi a pagamento differito.
Se una società costruisce un edificio un socio può impegnarsi a realizzare le strutture e un altro a mettere a disposizione denaro per le spese ulteriori, con l’intesa che quanto concesso sarà in futuro restituito. Se una casa editrice partecipa al capitale di una società che distribuisce le sue pubblicazioni può concedere amplissimo credito per il pagamento del prezzo di quanto consegnato per la rivendita …
La speranza di ottenere la restituzione dei finanziamenti dei soci è – però- spesso destinata a rimanere delusa.
Il Codice civile contiene, infatti, una norma destinata a far sì che le risorse offerte dai soci alla società siano destinate alla realizzazione dell’oggetto sociale e possano essere restituite solo dopo che sia assicurata effettivamente la soddisfazione dei creditori della società.
Si tratta dell’articolo 2467, norma contenuta nella parte del Codice civile relativa alle s.r.l.
Secondo questa norma
Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori … s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento
Si tratta, come ora detto, di una regola apparentemente riferita alle s.r.l.
Secondo diverse note decisioni giurisprudenziali, tuttavia, la norma è applicabile anche ai finanziamenti erogati dai soci alle s.p.a. “chiuse”, ossia con una compagine di soci familiare o, comunque, ristretta.
Questo perché si tratta di società nelle quali i soci hanno poteri di informazione sull’andamento degli affari sociali del tutto analoghi a quelli che hanno i soci delle s.r.l.
Si vedano da ultimo Cassazione Penale n.12186 del 19 marzo 2019 e Cassazione Civile nn. 16291 del 20 giugno 2018 e 4056 del 07 luglio 2015: la decisione del 2018 della Cassazione civile ha stabilito che “sussiste una presunzione assoluta di conoscenza della situazione finanziaria della società, che rende applicabile la regola della postergazione dei finanziamenti dei soci, in capo al socio che sia anche amministratore della società finanziata”.
Cosa si intende per finanziamento del socio?
Come accennato prima, il finanziamento del socio alla società può consistere sia un apporto di denaro sia in un apporto di beni e servizi senza pagamento immediato.
Secondo quanto ritengono gli interpreti, quindi il concetto di finanziamento si deve estendere all’apertura di credito, alle dilazioni di pagamento, e a tutti i casi in cui vi sia una successione del socio in una preesistente posizione creditoria di un terzo nei confronti della società a prescindere dallo strumento impiegato (all’acquisto del credito di terzo verso la società, pagamento da parte del socio di un debito della società, ecc.).
Cosa vuol dire che il rimborso dei finanziamenti dei soci è “postergato”?
Come detto, il Codice civile stabilisce che il rimborso del finanziamento dei soci è – in determinati casi – “postergato”.
Così affermando il Codice stabilisce in pratica che il finanziamento dei soci può essere restituito se e solo se sono stati prima saldati tutti gli altri debiti della società: usando l’espressione utilizzata dalla Cassazione civile nella sentenza n. 12994 del 2019 postergazione significa “posposizione del diritto del socio-creditore a quelli degli altri creditori”
Se un finanziamento è “postergato” gli amministratori della società non possono restituirlo e devono respingere un’eventuale richiesta di restituzione.
Se comunque la restituzione è stata effettuata, essa si considera indebita e le somme ricevute dal socio devono essere restituite.
Quando il finanziamento dei soci è “postergato”?
Secondo quanto prevede l’articolo 2467 del Codice civile il finanziamento è “postergato” quando:
- è stato concesso in condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto;
- è stato concesso in un caso in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento.
Si considera postergato, in altre parole, qualsiasi finanziamento che sia stato erogato in un momento in cui esistevano in senso oggettivo le condizioni di cui sopra (come chiarito dalla Cassazione civile nella sentenza n. 16393 del 24 luglio 2007).
Va sottolineato che secondo la giurisprudenza l’effetto della postergazione è automatico e non dipende dalla conoscenza effettiva dello stato della società da parte del socio finanziatore o dall’intenzione delle parti.
Se esiste oggettivamente la situazione prevista dall’articolo 2467 il finanziamento è – di per sé stesso – sottoposto alla regola di postergazione.
Il credito del socio, però, potrà essere saldato dopo il superamento della condizione di squilibrio patrimoniale che ha determinato la “postergazione”.
Sul punto è chiarissimo quanto stabilito dalla Cassazione civile nella sentenza n. 12994 del 2019, ove si legge quanto segue:
Quando, invero, sia stato superato lo squilibrio patrimoniale e, quindi, la situazione di rischio per i creditori sociali che ne discende e che la norma pone a fondamento della regola di postergazione – il credito del socio ritorna ordinariamente esigibile, sebbene non fossero stati a quel momento adempiuti tutti gli altri debiti sociali: potendosi allora ritenere realizzata una situazione di soddisfazione, sia pure “astratta”, dei creditori esterni e dunque esistente uno status di regolare esigibilità.
Conclusione
Dalla regola sopra esaminata si desume che … prestare soldi a una società partecipata è sempre un atto rischioso.
Questo a meno che non sia abbia la certezza che non sussista alcuno squilibrio patrimoniale e che quindi il finanziamento possa andare esente dalla regola di postergazione
Questa certezza si può avere solo all’esito di una attenta verifica della situazione dei conti sociali, che deve essere compiuta dall’Organo Amministrativo, al quale compete l’adozione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, in grado di rilevare una eventuale situazione di crisi.
Va, però, considerato che la valutazione dei requisiti di “postergazione” è normalmente compiuta ex post, quando la società si trova in crisi, magari per effetto di eventi del tutto imprevedibili al momento della concessione del finanziamento.
Per evitare contestazioni future sul diritto alla restituzione del finanziamento è quindi bene provvedere a una attenta documentazione della situazione esistente al momento del finanziamento stesso, eventualmente con il ricorso a relazione di un Perito esterno alla società. Va comunque considerato che secondo la Cassazione in caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento effettuato in favore della società, il giudice deve verificare se la situazione prevista dall’articolo 2567 (eccessivo squilibrio nell’indebitamento o situazione finanziaria in cui sarebbe ragionevole un conferimento) sussista, oltre che al momento della concessione del finanziamento