Sul tema delle responsabilità di natura civile degli amministratori delle società spesso si hanno idee confuse e convinzioni errate.
Gli amministratori di qualsiasi società devono risarcire il danno che abbiano causato alla società stessa per avere operato in modo negligente o in conflitto di interessi.
Applicando le regole del codice civile è possibile richiedere agli amministratori infedeli o negligenti ingenti risarcimenti.
Le responsabilità penali degli amministratori sono note e molto temute (per esempio quelle per i reati di bancarotta, per l’evasione dell’IVA e le frodi fiscali o per le violazioni in materia di sicurezza sul lavoro).
Sono note e altrettanto temute anche le responsabilità di carattere “amministrativo” che comportano sanzioni pecuniarie (si pensi alla materia della sicurezza sul lavoro nel caso in cui l’amministratore della società abbia la qualifica di “datore di lavoro” ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 81/2008).
Sulla questione della responsabilità civile per i danni cagionati alla società (e quindi ai soci) sembra esserci meno sensibilità, perché di solito i soci, specie se di minoranza, non si rendono conto della possibilità legale di richiedere e ottenere un risarcimento dagli amministratori poco corretti o sono scoraggiati dalle azioni legali da promuovere.
Qui il tema è affrontato senza distinguere tra i diversi tipi di società: a breve seguiranno approfondimenti specifici sulla responsabilità degli amministratori in ogni tipo di società (dato che le regole comuni di base del codice civile si differenziano in certi aspetti per le singole società).
Chi può chiedere agli amministratori un risarcimento?
Per regola generale la responsabilità civile degli amministratori è verso la società intesa come ente, come soggetto distinto dai soci.
Anche nei casi in cui (lo vedremo in altri post) la richiesta di risarcimento può essere proposta direttamente da singoli soci o gruppi di soci la richiesta stessa si intende proposta “per conto” e nell’interesse della società, alla quale deve essere versato l’eventuale somma versata dagli amministratori per riparare al danno provocato.
Solo in casi limitati e rari i singoli soci possono chiedere direttamente agli amministratori un risarcimento nel proprio interesse e proprio beneficio: si cita di solito il caso dell’amministratore che, redigendo un bilancio falso, ha indotto il socio a sottoscrivere un aumento di capitale o ad acquistare la partecipazione nella società.
Tutti gli amministratori rispondono del danno?
Quando la società è amministrata da più di un amministratore per regola generale dell’intero danno rispondono tutti gli amministratori tra loro “in solido”, anche se non hanno materialmente partecipato ad atti dannosi, a meno che non riescano a dimostrare di avere vigilato con attenzione per evitare i comportamenti negligenti e di avere operato per rimediare tempestivamente ad atti pregiudizievoli.
Anche l’amministratore con specifica delega e competenza per il marketing, per esempio, può essere condannato a risarcire alla società il danno conseguente alla mancata manutenzione degli impianti o a errati investimenti finanziari.
La responsabilità per negligenza e la business judgmente rule
La principale responsabilità degli amministratori è legata al dovere di gestire con diligenza l’impresa sociale, conservando con cura il patrimonio della società.
Questo non significa che gli amministratori devono considerarsi automaticamente negligenti se gli affari della società non prosperano o se ci sono perdite.
Se, però, l’insuccesso dell’impresa deriva da operazioni avventate, da errori previsionali evitabili, da errata applicazione di regole tecniche, allora gli amministratori rispondono del danno derivante dal loro operato.
Si applica, secondo quanto si afferma in giurisprudenza, il criterio della cd. “business judgement rule“, secondo cui le scelte imprenditoriali compiute dall’amministratore sono insindacabili a meno che, se valutate “ex ante”, risultino manifestamente avventate ed imprudenti.
Un esempio può chiarire il concetto. Se un investimento immobiliare produce perdite per le contingenze di mercato gli amministratori non sono tenuti al risarcimento del danno.
Se, invece, le perdite derivano dal fatto che gli amministratori non hanno considerato problematiche urbanistiche o di viabilità dell’area dell’insediamento allora può prospettarsi una responsabilità.
La responsabilità per violazione del dovere di non agire in conflitto di interessi
In tutti i tipi di società (salve diverse sfumature nelle regole particolari) gli amministratori non possono operare in concorrenza con la società, non possono agire in conflitto di interessi né stornare a proprio favore le occasioni d’affari della società
Se lo fanno rispondono dei danni che hanno causato alla società.
In un caso recente, per esempio, il Tribunale di Venezia (con sentenza del 17 giugno 2016) ha ravvisato la responsabilità di un amministratore di s.r.l. per violazione del divieto di non agire in conflitto di interessi nel fatto che quell’amministratore si era opposto allo sfratto di un inquilino della società che era moroso, solo per favorire la persona dell’inquilino, a discapito dell’interesse sociale.
La responsabilità per violazioni tributarie, previdenziali, ambientali, ecc.
Se gli amministratori violano con il loro operato delle regole generali di azione (come le norme ambientali) o le regole tributarie spesso lo fanno pensando di agire nell’interesse della società, per esempio nell’intento di ottenere indebiti risparmi delle imposte o delle spese per la prevenzione dell’inquinamento.
Questi comportamenti sembrerebbero “neutri” dal punto di vista della responsabilità civile (in disparte le questioni etiche e di responsabilità penale).
In realtà anche le violazioni di regole generali possono danneggiare la società, la quale può essere destinataria di ingenti sanzioni.
Per tale ragione la giurisprudenza ritiene che gli amministratori debbano rispondere del danno corrispondente alle sanzioni applicate alla società per effetto delle violazioni di legge da essi commesse (per esempio delle sanzioni pecuniarie per illeciti tributari).
Per tale ragione la giurisprudenza ritiene che gli amministratori debbano rispondere del danno corrispondente alle sanzioni applicate alla società per effetto delle violazioni di legge da essi commesse.
Per tale ragione la giurisprudenza ritiene che gli amministratori debbano rispondere del danno corrispondente alle sanzioni applicate alla società per effetto delle violazioni di legge da essi commesse.
Per tale ragione la giurisprudenza ritiene che gli amministratori debbano rispondere del danno corrispondente alle sanzioni applicate alla società per effetto delle violazioni di legge da essi commesse.
Il Tribunale di Salerno (per esempio) ha affermato con sentenza del 12 maggio 2011 “come tale responsabilità degli amministratori (come quella dei sindaci) sia da affermare anche per le sanzioni tributarie cui la società stessa è stata assoggettata, sempre sull’assunto del mancato svolgimento dell’attività di controllo, in relazione alle conseguenze dannose, che ne sono derivate alla società, rappresentate dal pagamento delle sanzioni pecuniarie in questione, ad essa società irrogate“.
La posizione degli amministratori “di fatto”.
L’obbligo di risarcimento del danno non grava solo sugli amministratori regolarmente nominati, ma anche sui c.d. “amministratori di fatto”, ossia su coloro che, pur senza una formale nomina, in concreto “gestiscono” gli affari di una società.
La definizione di amministratore di fatto si trova per esempio in una recente sentenza della Cassazione (la n. 21567 del 2017): “L’amministratore di fatto, che è soggetto ai medesimi obblighi previsti dall’ordinamento con riferimento agli amministratori di diritto, si identifica nel soggetto che si sia ingerito nella gestione sociale in assenza di una investitura, purché le funzioni gestorie svolte abbiano carattere sistematico e non si esauriscano in singoli atti eterogenei e occasionali” (non è quindi amministratore di fatto chi abbia trattato sporadicamente un solo affare).
Per costante orientamento della giurisprudenza anche gli amministratori “di fatto” sono soggetti a responsabilità del tutto identiche a quelle degli amministratori che hanno ricevuto un regolare incarico dall’assemblea (nelle società di capitali) o dai soci (nelle società di persone).
La Cassazione ha per esempio affermato che l‘amministratore di fatto di una società di capitali, pur privo di un’investitura formale, esercita sotto il profilo sostanziale nell’ambito sociale un’influenza che trascende la titolarità delle funzioni, con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto, sicché può concorrere con questi ultimi a cagionare un danno alla società attraverso il compimento o l’omissione di atti di gestione (si veda ancora la sentenza 21567 del 2017, relativa a un caso in cui l’amministratore di fatto non si era attivato per il recupero dei crediti della società).
L’assicurazione per la responsabilità degli amministratori.
Il mercato assicurativo offre agli amministratori di società diverse soluzioni per assicurare il rischio della condanna al risarcimento di danni alla società da essi amministrata.
Elementari considerazioni di logica e di buon senso imporrebbero a tutte le società di richiedere ai propri amministratori di sottoscrivere una simile polizza, in modo che sia sempre garantito il risarcimento del danno eventualmente subito dalla società.
In realtà simile sono molto rari, specie nelle società di piccole dimensioni, i casi in cui gli amministratori “si assicurano”.
I soci delle società dovrebbero verificare se nella società di cui fanno parte gli amministratori hanno stipulato un’assicurazione ed eventualmente chiedere che sia stipulata.