In Italia nelle società si litiga e si litiga tanto: per averne un’idea basta leggere i quotidiani o le riviste giuridiche specializzate.
I litigi scoppiano spesso tra soci di maggioranza e soci di minoranza e si verificano per una ragione apparentemente banale: per i soci di minoranza il contratto normalmente è un segreto.
È, infatti, sufficiente svolgere una piccola indagine tra amici e conoscenti che si sa essere soci di minoranza di una società per rendersi conto del fatto che normalmente costoro non solo non sanno “cosa c’è scritto” nel contratto di società ma, addirittura, non hanno mai materialmente visto il contratto.
In un certo giorno, di una certa lontana stagione, i futuri soci sono stati convocati dal Notaio che ha cercato di spiegare cosa si stava stipulando.
I suoi sforzi di solito sono stati vani: in una confusa e frettolosa atmosfera il testo di contratto di società già predisposto non è stato realmente ascoltato durante la lettura ed è stato poi inserito nel repertorio notarile senza osservazioni dei soci.
Dopo di che il contratto non è mai stato consegnato ai soci di minoranza o, se è stato consegnato, e poi è finito in un cassetto insieme alle vecchie bollette e alla fattura di Sky): di fatto il contenuto del contratto di società non è quasi mai compreso e rimane un segreto.
Quando si verifica uno scontro con i soci di maggioranza il socio di minoranza, che per anni ha ignorato il contratto di società, scopre con amarezza che i patti societari limitano molto i suoi diritti e possono addirittura essere congegnati in modo da impedire ai “dissidenti” di promuovere cause, per esempio attraverso complicate clausole di arbitrato o di conciliazione che impongono di esborsare, per l’avvio delle liti, ingenti somme agli organismi arbitrali.
Molti contrasti non sorgerebbero se solo i soci di minoranza avessero un atteggiamento più attento e consapevole sia al momento della costituzione della società che durante la vita della stessa e cercassero costantemente di negoziare maggiori spazi e maggiori diritti.
Al momento della costituzione della società i soci di minoranza dovrebbero rifiutare proposte di adesione a società regolate da statuti standard “preconfezionati”, che non tengono conto di quanto è necessario per la protezione dei soci minori.
In seguito occorrerebbe sviluppare la capacità di negoziare qualcosa di più delle questioni di dividendi e di tassazione delle quali spesso si discute.
I soci di maggioranza propongono un aumento di capitale? É il momento di chiedere l’eliminazione della clausola arbitrale dallo statuto.
Gli amministratori desiderano un aumento degli emolumenti? É il momento di chiedere una riserva di utili per la minoranza…
La cosa importante è uscire dalla cultura del segreto e abbracciare quella della consapevolezza: il contratto di società non deve essere un oggetto misterioso maneggiato solo dai consulenti vicini ai soci di maggioranza, ma uno strumento duttile oggetto di continuo negoziato.