RECUPERO CREDITI PIÙ CELERE DOPO LA CONVERSIONE DEL DECRETO “FARE”?

 

Il decreto “fare” da poco convertito contiene importanti misure per la Giustizia Civile, sulle quali un commento nel video che precede, diffuso dal bel canale “ANF TV”.

Una di queste misura, relativa al procedimento per “decreto ingiuntivo”, merita di essere commentata.

L’impresa che deve recuperare un credito e che non abbia ottenuto dal debitore garanzia di pagamento automatico deve rivolgersi a un Giudice Civile: il Giudice di Pace per i crediti sino a 5.000,00 Euro e il Magistrato di Tribunale per i crediti di importo superiore.

Davanti al Giudice si svolge una procedura, chiamata “processo” o “giudizio”, il cui esito è una sentenza che condanna il debitore a pagare ove la pretesa del creditore sia fondata.

Come già indicato in altro post i tempi dei processi civili sono molto lunghi.

Esiste, però, una corsia preferenziale per i giudizi relativi al recupero di crediti d’impresa.

Si tratta della richiesta di “decreto ingiuntivo”, alla quale si può fare ricorso quando esista una prova scritta del credito particolarmente qualificata (normalmente costituita da un estratto autentico notarile delle scritture contabili o tributarie dell’impresa).

Il decreto ingiuntivo è un ordine di pagamento pronunciato senza che il debitore sia sentito, ordine che diviene esecutivo e incontestabile se non è opposto entro un certo termine; in certi casi il decreto può essere dichiarato esecutivo anche prima di tale termine.

Se, invece, il debitore propone opposizione si apre un processo ordinario nel corso del quale il decreto può essere dichiarato “provvisoriamente esecutivo”: in questo caso il creditore entra in possesso di un titolo che impone al debitore di pagare immediatamente, con possibilità di recuperare quanto pagato ove il creditore perda la causa.

L’opposizione consiste nella citazione del creditore in Tribunale da parte del debitore per una certa udienza fissata dal debitore, con richiesta di pronuncia di sentenza di revoca del decreto ingiuntivo: nel corso del giudizio introdotto da tale citazione il creditore può, appunto, chiedere che il decreto opposto sia dichiarato “provvisoriamente esecutivo”.

Il meccanismo della “provvisoria esecutività” in corso di causa è largamente utilizzato e di fatto costituisce l’unico sistema con il quale le imprese riescono ad ottenere in tempo ragionevole l’incasso dei propri crediti.

La ragionevolezza dei tempi è, tuttavia, sempre stata relativa, dato che di fatto il debitore ha finora potuto ottenere, con diversi strumenti processuali, una forte dilazione della data dell’udienza per la discussione della richiesta di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo.

La dilazione era ottenuta con espedienti noti ai tecnici del diritto, come la fissazione a data molto lontana dell’udienza per la prima comparizione delle parti nel giudizio di opposizione o la richiesta, talvolta accolta dai Giudici, di spostare la discussione sulla richiesta di concessione della “provvisoria esecutività” del decreto opposto a un’udienza successiva alla prima, spesso distante di mesi o addirittura, in casi non rarissimi, fissata a distanza di oltre un anno.

A questa situazione sembra avere posto rimedio la legge 98/2013 di conversione del decreto “fare”, che contiene diverse novità importanti per la Giustizia Civile (tra le quali la reintroduzione della mediazione obbligatoria per determinate controversie).

La nuova normativa stabilisce, infatti, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il Giudice debba fissare la prima udienza non oltre 30 giorni dopo la scadenza del termine minimo per la comparizione delle parti e, in quella sede, decidere obbligatoriamente sulla richiesta di provvisoria esecuzione del decreto opposto.

Si tratta di una misura certamente da apprezzare: i tempi della Giustizia Civile sono lunghissimi e non si può che accogliere con favore qualsiasi intervento diretto ad accorciarli.

Il recupero dei crediti non è, però, ancora sicuro e celere come dovrebbe essere.

Questo perché la novità introdotta dalla nuova legge non assicura comunque la concessione della provvisoria esecutività dei decreti ingiuntivi opposti: il Giudice non è, infatti, obbligato a concederla ma solo a valutare la possibilità di concederla.

A ciò si aggiunge la circostanza che anche dopo avere ottenuto un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo occorre, infatti, procedere con l’espropriazione dei beni del debitore riottoso (che è spesso lunga, complessa e costosa), mentre incombe sempre il rischio che il debitore fallisca o faccia ricorso al concordato preventivo, imponendo di fatto ai creditori l’accettazione a saldo di una ridotta percentuale del credito.

In questo scenario è bene porre la massima attenzione su tutte le possibili misure di prevenzione dell’insolvenza dei debitori.

Ne indico qualcuna, rinviando ai post che trattano della materia.

La misura minima da adottare è la raccolta di adeguate informazioni commerciali sulla clientela e sul settore di riferimento della medesima: in questo modo si potrebbe evitare di effettuare prestazioni a soggetti chiaramente inaffidabili.

La misura più radicale (e anche più difficile da realizzare) è la pattuizione con i clienti di meccanismi che consentano di ottenere il pagamento in via automatica, come il rilascio di effetti cambiari, la prestazione di garanzie di terzi o il pegno su merci o su beni del debitore (il pegno è poco utilizzato in Italia, mentre dovrebbe essere maggiormente diffuso).

In mezzo stanno altre misure la principale delle quali è la stesura di precisi accorsi scritti con i clienti, in modo tale che siano evitate per quanto possibile le liti.

Le misure di tutela preventiva del credito possono, quindi, essere tante.

L’importante è che l’impresa tenga in adeguata considerazione, nella programmazione della sua attività, l’esigenza di prevenire l’insolvenza dei debitori: un cliente che non rilascia garanzie o che rifiuti di sottoscrivere un contratto che limita la possibilità di opporre eccezioni al pagamento è un cliente potenzialmente rischioso.

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