PIÙ TUTELA PER CHI COMPRA QUOTE SOCIETARIE IN UNA RECENTE SENTENZA DELLA CASSAZIONE.

leaseUna sentenza recente della Cassazione (la numero 16963 del 2014) si è occupata di un fatto purtroppo molto frequente.
Una persona aveva acquistato la quota di una s.r.l. da un soggetto che di tale società era amministratore unico, per un prezzo, non certo modesto, determinato in base al “valore globale” della società desunto dal bilancio: il prezzo avrebbe dovuto essere pagato in via rateale.
Come spesso succede l’accordo non era stato accompagnato da alcuna particolare garanzia sulla consistenza patrimoniale della società (per la verità spesso succede anche che le garanzie consistano in clausole confuse e di difficile applicazione, frutto del “taglia e incolla” di precedenti contratti).
Il bilancio era tuttavia gravemente carente dato che non riportava ingentissimi debiti gravanti sulla società, che dopo un anno dall’acquisto della quota era fallita.
Il venditore aveva quindi fatto causa all’acquirente per il saldo della quota e quest’ultimo aveva eccepito l’invalidità del contratto di cessione, facendo anche presente di avere appreso che il venditore aveva, nella qualità di amministratore unico della società scontato più volte le stesse fatture in banca, commettendo il reato di ricorso abusivo al credito, e iscritto in bilancio beni immateriali e crediti inesistenti.
La tesi dell’acquirente era stata prima accolta dal Tribunale e poi respinta dalla Corte d’Appello, sulla base della tradizionale opinione della Giurisprudenza maggioritaria, per la quale la scoperta di minusvalenze della quota acquistata non può mai portare all’annullamento del contratto, dato che l’acquisto non riguarda una porzione del patrimonio della società bensì la quota in sé.
Nel linguaggio dei Tribunali si dice che la cessione delle azioni di una società di capitali ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e quale oggetto solo mediato la quota parte del patrimonio sociale rappresentata dalla partecipazione.
Questo vuol dire così che le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale (e, indirettamente, alla consistenza economica della partecipazione) possono giustificare l’annullamento del contratto per errore (art. 1428 c.c. e ss.) e per dolo di un contraente (art. 1439 c.c.) o la risoluzione per difetto di “qualità” della cosa venduta (art. 1497 c.c.) o altri rimedi (se le garanzie si considerano clausole autonome) solo quando il cedente abbia fornito specifiche garanzie contrattuali (ossia proprio quegli impegni che spesso non si ottengono o che sono formulate talmente male da essere inutili).
Torniamo, quindi, alla sentenza recente.
La Cassazione, modificando l’orientamento tradizionale, ha riformato la decisione della Corte d’Appello e accolto le ragioni dell’acquirente della quota, affermando che è possibile richiedere al Tribunale l’annullamento per dolo dall’altro contraente del contratto di cessione della quota di una società anche in assenza di specifiche garanzie sul valore della quota.
Questo può accadere, secondo la Cassazione, quando il venditore abbia intenzionalmente taciuto delle circostanze delle quali era a conoscenza in ordine alla reale situazione della società (dice la Cassazione: nella fattispecie in esame il venditore  non si è limitato a tacere la reale situazione patrimoniale e finanziaria della società, ovvero a omettere di rendere le informazioni che l’acquirente si attenderebbe di ricevere da un contraente in buona fede in un’analoga situazione negoziale, ma era consapevole che il prezzo delle partecipazioni cedute non corrispondeva a quello reale, poiché rispecchiava i valori alterati risultanti dai documenti contabili).
La sentenza è davvero molto importante e apre speranze per i molti che acquistano quote di società senza richiedere garanzie o chiedendo garanzie insufficienti: anche la semplice reticenza del venditore può giustificare la richiesta di annullamento del contratto.
Non va, però trascurato, che la sentenza impone la massima cautela nel negoziato “dalla parte del venditore”.
Se, infatti, la contestazione della semplice reticenza può giustificare l’annullamento del contratto di cessione di una quota sociale è bene ottenere dall’acquirente la garanzia che ogni elemento utile di valutazione sia stato preso in considerazione, per prevenire future contestazioni.
Chi fosse interessato a copia della sentenza non esiti a contattarmi per ottenerla.

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