Un tema molto importante per gli operatori economici e i loro consulenti è quello dell’equilibrio delle prestazioni nei contratti.
Può, infatti, capitare che dopo la conclusione di un negoziato ci si renda conto che l’accordo raggiunto non è soddisfacente ovvero è gravemente squilibrato.
In questi casi il sistema giuridico non offriva tradizionalmente rimedi soddisfacenti, dato che la possibilità di impugnare un contratto liberamente concluso erano limitate alle ipotesi – eccezionali – della rescissione per lesione ovvero del venir meno di una circostanza presupposta essenziale.
La situazione va oggi cambiando.
Si notano, infatti, delle importanti aperture della giurisprudenza e degli interpreti verso il controllo dell’effettiva equivalenza delle prestazioni contrattuali
In passato queste aperture si riferivano solo all’ipotesi – marginale – dei contratti con prestazioni meramente simboliche. Ricordo Cass. 6235/1980 («in materia di compravendita, il prezzo è un elemento essenziale del contratto che deve ritenersi carente se esso è meramente simbolico e non corrispondente all’effettivo valore del bene trasferito») e App. Roma, 18 febbraio 1965, in Foro pad., 1965, I, c. 862, per la quale «la mancanza del prezzo o la pattuizione di un prezzo simbolicorendono priva di causa la compravendita».
Più di recente, con maggiore apertura, ricordo Trib. Trieste, 14 agosto 1998, in Giur. comm., 1998, II, p. 736 ss., con nota di E. Rimini, Brevi note in tema di vendita di partecipazioni sociali a prezzo irrisorio, sentenza per la quale è «indubbio …. che l’elemento della “causa”, ove interpretato non in senso formale ed astratto, quale tipo o quale genericamente funzione economico – sociale del contratto possa rappresentare anche un valido strumento per controllare in concreto l’uso che i contraenti compiono della loro autonomia, così ad es. da arrivare a sostenere che sono manchevoli sotto l’aspetto “causale” contratti e/o negozi sperequati dal punto di vista normativo, nel senso di una totale diseguaglianza tra le posizioni delle parti», così che è da ritenersi superato «l’orientamento giurisprudenziale dominante in passato, fondato sulla ritenuta indifferenza dell’ordinamento giuridico alle manifestazioni di autonomia privata, con conseguente inammissibilità di un controllo giudiziale in ordine alla rispondenza valoristica fra prezzo e res alienata».
Va anche ricordata Cass., 20 novembre 1992, n. 12401, in Foro it., 1993, I, 1506, con nota di F. Caringella, Alla ricerca della causa nei contratti gratuiti atipici), per la quale «nei contratti a prestazioni corrispettive, il difetto di equivalenza, almeno tendenziale, delle prestazioni e, a maggior ragione, il difetto tout court della pattuizione di un corrispettivo o comunque, della ragione giustificativa della prestazione prevista, comporta l’assoluta mancanza di causa del contratto e, per l’effetto, la nullità dello stesso».
Analogamente Cass. 15 giugno 1999, n. 5917, in Giust. civ., 2000, I, p. 135 ss. ha affermato che il «difetto di equivalenza delle prestazioni o della ragione giustificativa della prestazione prevista» comporti «l’assoluta mancanza di causa del contratto e, per l’effetto, la nullità dello stesso».
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