Come noto, quando la società debitrice è ammessa a concordato preventivo la percentuale di soddisfazione dei creditori è veramente molto ridotta. Per evitare danni eccessivi i singoli creditori possono seguire la strada della richiesta di risarcimento del danno agli amministratori della
società sottoposta a concordato preventivo.
Questa possibilità è stata riconosciuta da recenti importanti sentenze e – in modo esplicito – dall’articolo 115 del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Secondo l’articolo 160 della legge fallimentare nel concordato “con cessione dei beni” deve essere garantita ai creditori il pagamento di una somma pari almeno al 20 per cento dei loro crediti, mentre nel concordato “con continuità aziendale” non è prevista neppure questa percentuale minima.Bisogna quindi prendere atto del fatto che il concordato preventivo può essere veramente un grave danno per l’intero ceto creditorio (spesso senza neppure assicurare davvero l’ipotizzata “continuità aziendale”).
Si pone quindi la domanda se in caso di concordato preventivo i creditori possano o meno esercitare contro gli amministratori della società in concordato l’azione di responsabilità prevista dal codice civile.
Il codice, infatti, stabilisce che quando il mancato pagamento dei crediti deriva da negligenza degli amministratori nel tutelare il patrimonio della società i creditori possono richiedere direttamente agli amministratori stessi il risarcimento del danno sofferto (che in caso di concordato è pari alla differenza tra la percentuale prevista dal piano concordatario e il totale del credito).
Secondo un primo orientamento questo tipo di azione dei creditori non sarebbe possibile perchè la legge fallimentare stabilisce che “il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel Registro delle Imprese, del ricorso di cui all’art. 161. Tuttavia essi conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso.”
Se quindi il concordato è vincolante qualora si ammettesse che il singolo creditore vincolato dall’accordo concordatario, possa poi azionare un giudizio di contenuto risarcitorio nei riguardi dei singoli amministratori della società, si avrebbe la conseguenza, del tutto ingiustificabile, che, all’esito di una azione eventualmente vittoriosa, venga alterato il principio della par condicio creditorum
Sempre secondo la posizione negativa l’azione dei creditori sociali sarebbe inammissibile in quanto potrebbe determinare l’effetto secondo il quale il vantaggio ottenuto da tale azione, consistente nel recupero del patrimonio della società, altererebbe in modo imprescindibile la percentuale concordataria che vincola tutti i creditori precedenti alla procedura, con violazione, nuovamente, della par condicio creditorum
Diverse importanti recenti sentenze hanno invece stabilito in senso contrario (copie disponibili a richiesta), affermando che :
- non vi è dubbio che in caso di concordato preventivo ogni singolo creditore, indipendentemente dalla circostanza di aver votato a favore di esso ovvero di aver votato contro, non possa pretendere nei confronti della società in concordato alcuna somma ulteriore rispetto alla percentuale indicata nel piano di concordato;
- ciò però non preclude un’azione risarcitoria rivolta nei riguardi del singolo amministratore, che abbia operato per la società in quanto “in tale caso, l’azione esperita viene, infatti, instaurata tra soggetti differenti rispetto a quelli tra i quali è intervenuto l’accordo concordatario sulla base di fatti di responsabilità del tutto estranei ad esso. Né pare prospettabile l’assunto secondo il quale, a seguito del concordato, sia venuta meno la qualità di creditore in capo al soggetto che agisca ai sensi della previsione di cui all’art. 2394 c.c., con conseguente carenza di legittimazione sul punto, dato che il creditore concordatario conserva la sua qualità di creditore al di fuori dell’ambito concorsuale che non estingue il credito originario, come ben si desume dalla previsione dell’ultima parte dell’art. 184 L. Fall. che sancisce il diritto del medesimo di agire, comunque, per l’intero, in quanto creditore, nei riguardi dei coobbligati ovvero dei fideiussori” (così testualmente una nota decisione del Tribunale di Piacenza del 12 febbraio 2015);
- in altre parole non si può affermare che i creditori, avendo accettato il patto di concordato non possono pretendere nulla più di quanto promesso perché questo vale per il patrimonio dell’impresa e non per il patrimonio di un terzo quale è l’amministratore
Questo perchè il patto di concordato produce i suoi effetti in relazione al patrimonio dell’impresa, e non rispetto al patrimonio di un terzo quale è l’amministratore, “dovendosi anche tenere conto che, diversamente, la presentazione di una domanda di ammissione a tale procedura potrebbe diventare un facile strumento opportunistico per evitare responsabilità in caso di mala gestio” (così la recente decisione n. 49/2019 della Corte d’Appello di Venezia)
La novità del codice della crisi d’impresa.
La questione è stata risolta in senso favorevole ai creditori dall’articolo 115 del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che stabilisce esplicitamente quanto segue: “Resta ferma, in ogni caso, anche in pendenza della procedura e nel corso della sua esecuzione, la legittimazione di ciascun creditore sociale a esercitare o proseguire l’azione di responsabilita’ prevista dall’articolo 2394 del codice civile “