Entrare in una società senza avere controllato il suo statuto significa rischiare di perdere il proprio investimento, ossia … i propri soldi.
Questa è una piccola guida che ti aiuterà a non perdere soldi e a entrare in una società in modo consapevole.
Prima di diventare socio di qualsiasi società bisogna verificare cosa prevede il suo statuto sui temi più importanti, come le maggioranze, la distribuzione degli utili, il recesso, il sistema di amministrazione e controllo.
In Italia esistono milioni di società, ma, di queste, solo pochissime hanno dei soci che negoziano le regole di funzionamento della società di cui fanno parte.
È soprattutto per questo motivo che spesso i soci di minoranza si ritrovano prigionieri di una società che non distribuisce utili e non li vede in alcun modo coinvolti ed è sempre per questa ragione che gli amministratori commettono irregolarità senza sufficiente controllo.
Entrando in una società il negoziato conviene sempre, anche quando la situazione sembra non richiederlo perché i soci si sentono tutti coinvolti in un progetto imprenditoriale comune.
Proviamo a immaginare una società costituita tra dei fratelli che per anni non ha né contrasti né conflitti.
Quando uno dei fratelli intende uscire dalla società e cedere la partecipazione al figlio o alla figlia si creano dei problemi: il passaggio generazionale non è gradito dagli altri soci, che emarginano il discendente, non lo inseriscono in Consiglio e lo licenziano dall’impiego come dipendente della società.
Immaginiamo altrimenti una società costituita tra due coniugi, in cui la vita familiare e quella societaria si intrecciano e uno dei coniugi ha una posizione maggioritaria che per anni appare irrilevante. Alla rottura del matrimonio, però, il coniuge egemone nella società fa valere i diritti connessi alla sua posizione. Di conseguenza, il coniuge minoritario è emarginato e si trova costretta ad accettare l’uscita della società per poco o nulla.
Qui di seguito riporto dieci grandi questioni, da tenere presenti quando si vuole fondare una società con altri soci o entrare in una società già esistente, per evitare che si creino situazioni come quelle ora descritte.
1. Assetto organizzativo, diritti e doveri degli amministratori
Il codice civile (articoli 2381 e 2403) stabilisce che le società di capitali devono avere un assetto organizzativo e un sistema amministrativo e contabile adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa: si tratta, evidentemente, di una regola da applicarsi in tutti i tipi di società (ovviamente tenendo conto delle dimensioni aziendali…).
Le regole sugli assetti contabili e amministrativi devono diventare parte dei contratti di società, in modo che i singoli soci ne possano pretendere il rispetto e possano agire individualmente per rimediare alle mancanze.
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Il codice civile stabilisce poi che gli amministratori di tutte le società devono agire con diligenza e senza conflitti di interessi.
Anche queste regole meritano di essere riportate e dettagliate nei contratti di società.
Sembra incredibile, ma nella quasi totalità delle società di piccole dimensioni non esistono vincoli stringenti sulla quantità di tempo che gli amministratori devono dedicare alla società e sul divieto di partecipare a iniziative analoghe (l’amministratore di una immobiliare che è anche socio di decine di altre immobiliari solitamente tende a privilegiare l’interesse delle società dalle quali può ottenere un guadagno più immediato).
Il comportamento degli ammministratori e l’assetto organizzativo e contabile che devono attuare vanno negoziati e imposti.
2. Cessione delle partecipazioni e passaggio generazionale.
Nel diritto societario italiano (v. post sul punto) esistono regole di base per le quali la cessione delle partecipazioni nelle società di persone è tendenzialmente esclusa e quella delle partecipazioni nelle società di capitali è tendenzialmente libera. Queste deroghe possono essere modificate e integrate negli statuti delle società.
A mio parere la tutela del socio impone che lo stesso possa sempre cedere senza troppi vincoli la sua partecipazione e addirittura che i soci di maggioranza siano tenuti ad acquisire la partecipazione del socio di minoranza sistematicamente escluso dalla partecipazione ai risultati dell’attività.
La tutela del socio impone anche che sia favorito il passaggio generazionale delle partecipazioni, senza ostacoli irragionevoli.
3. Le operazioni con parti correlate
Nelle società di piccole dimensioni non esiste una disciplina stringente delle operazioni economiche con “parti correlate”, ossia (esprimendo il concetto nel modo meno tecnico possibile) con i soggetti economici “vicini” alla società, ai suoi amministratori o soci di maggioranza.
Si conoscono casi di società a base familiare nelle quali sorgono lunghe e costose liti per l’affidamento di appalti di lavori e servizi a imprese dei figli dell’uno o dell’altro socio o amministratore.
Un preciso regolamento delle operazioni con parti correlate è importante e deve essere preteso.
4. Diritti informativi dei soci
Gli statuti delle società sono sempre carenti sul punto dei diritti di informazione dei soci (dei quali si parla in altri post del blog).
Nelle s.p.a. e nelle s.r.l. di maggiori dimensioni esiste un sistema di controllo affidato a Collegio Sindacale e revisore contabile: questo sistema, pur utile e indispensabile, non assicura però un’informazione tempestiva e diretta ai singoli soci.
Chi fa parte di una società deve assicurarsi con le regole dello statuto il diritto a un flusso informativo costante sulle principali questioni, come: i parametri finanziari e l’andamento dell’indebitamento, le liti in corso, le iniziative di marketing, ecc.
5. Distribuzione degli utili
Per regola generale di base nelle società di persone gli utili devono sempre essere distribuiti, mentre nelle società di capitali la loro distribuzione è decisa discrezionalmente a maggioranza dai soci.
In pratica, comunque, l’utile è sempre aleatorio e proporzionale all’investimento
Il socio che non ha l’aspettativa di avere occasioni d’affari con la società o di percepire compensi come amministratore può richiedere che nel contratto di società gli siano attribuiti particolari diritti nella percezione degli utili sia in termini di certezza del dividendo sia in termini di proporzione rispetto a quanto percepito dagli altri soci.
Un possibile modello di clausola statutaria in proposito è il seguente:
«Al socio signor … spetta, in sede di distribuzione degli utili, il diritto alla percezione di una quota pari al … degli utili distribuibili, oltre all’ammontare di utili proporzionale alla propria quota di partecipazione sul residuo importo degli utili distribuibili. Il diritto attribuito al socio … nella distribuzione degli utili è trasferibile (non trasferibile) a terzi, unitamente alla cessione della quota sociale. Tale diritto può essere modificato con deliberazione assunta dai soci all’unanimità / a maggioranza)».
6. Maggioranze e clausola di salvaguardia
Piaccia o no la cosa, il diritto societario italiano è ispirato al principio di maggioranza (con qualche attenuazione solo nelle società di persone): il socio che ha la partecipazione maggiore conta di più e può influire nelle decisioni imprenditoriali (per esempio designando gli amministratori e membri del Collegio Sindacale).
Il principio maggioritario è alla base di molti conflitti tra soci e un modo per attenuarne o eliminarne gli effetti è pretendere che sia inserita nello statuto una clausola di salvaguardia, che preveda l’obbligatorio consenso di un socio per assumere le decisioni più importanti.
Nelle società di capitali si ritiene nulla la clausola che impone l’unanimità dei consensi.
È, invece, sempre lecita una clausola che preveda maggioranze elevate per tutte o alcuni tipi di decisioni.
Un esempio può essere il seguente:
“Le deliberazioni assembleari relative alle seguenti materie (…) devono essere approvate, anche in seconda e nelle successive convocazioni dell’assemblea, con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino almeno il (…%) del capitale sociale”.
7. Obbligo e possibilità di uscire dalla società
Il codice civile contiene regole sul recesso dei soci in tutte le società e solo nelle società di persone e nelle s.r.l. ammette l’esclusione di un socio.
Il recesso e l’esclusione sono due vicende importantissime, che non possono essere ignorate al momento in cui si entra in una società.
In generale un socio deve controllare di essere al riparo dal rischio di essere facilmente escluso contro la sua volontà e deve pretendere di avere ampie possibilità di recesso quando la società non gli porta alcun vantaggio economico.
Utile è anche la clausola di “trascinamento” che impone ai soci di maggioranza di consentire ai soci di minoranza di cedere insieme a loro la partecipazione sociale.
8. Risoluzione delle liti
I soci spesso non tutelano le proprie ragioni perché … litigare costa troppo, al punto che talvolta è preferibile abbandonare il proprio investimento piuttosto che sopportare i costi di giudizio.
Un buon contratto di società dovrebbe prevedere dei sistemi di risoluzione delle liti poco costosi ed efficaci.
Io ne ho sperimentato uno con successo: in presenza di una lite tra soci (o tra soci e amministratori) i poteri degli amministratori e il funzionamento della società sono “congelati” per un breve periodo di tempo e le parti devono rimettere a un esperto la soluzione del problema. Se la lite era pretestuosa chi ha provocato il “congelamento” è tenuto al pagamento di una penale.
Inserire nello statuto clausole che prevedano questo tipo di sistemi di risoluzione delle liti consente di proteggere l’investimento fatto.
9. Scelta dei consulenti
Nelle società di piccole dimensioni, cui è dedicato il blog, la scelta dei consulenti è fondamentale, perché queste società non hanno di solito personale sufficiente per svolgere dall’ “interno” tutte le funzioni professionali necessarie (legali, contabili, tecniche, ecc.).
Di solito non si considera che il socio o l’amministratore che sceglie i consulenti della società e coltiva con loro i successivi rapporti si trova in una posizione di forza perché può influenzare l’attività dei consulenti stessi in senso per lui favorevole.
In diverse società si cominciano a prevedere nello statuto o in accordi paralleli tra i soci clausole di salvaguardia nella scelta dei consulenti, che prevedono sia le procedure di scelta sia i requisiti che i consulenti devono possedere: è opportuno che questa prassi si generalizzi.
10. Soluzione della crisi d’impresa
Di solito i conflitti tra i soci scoppiano con particolare violenza al momento della crisi della società, quando arriva la “resa dei conti” troppe volte rinviata e quando i soci che già prima della crisi erano in posizione di forza riescono comunque a uscire dalla situazione con i minori danni.
Chi investe in una società deve essere pronto per l’ipotesi del default e deve quindi avere garanzie preventive contro eccessivi rischi.
Nel contratto di società possono quindi essere inserire clausole riferite al momento della crisi, come quelle che impongono agli amministratori di cessare l’attività e procedere per la liquidazione una volta raggiunto un certo livello di indebitamento, o quelle che indicano la soluzione da seguire in caso di crisi (per esempio un tentativo di concordato con i creditori).
Non va trascurata la clausola, per me importantissima, che vieta ai soci di maggioranza di rilevare l’azienda della società in situazioni di crisi, in modo da evitare manovre poco chiare a danno della minoranza.
In conclusione: quando si è già soci di una società come si fa a imporre il cambiamento del contratto nel modo desiderato?
Occorre sfruttare il momento, senza subire passivamente quanto accade in società.
Gli amministratori chiedono a tutti i soci un finanziamento in conto capitale? È l’occasione ideale per chiedere il diritto di veto sulla scelta di almeno un amministratore.
Occorre approvare una modificazione dell’atto costitutivo? Potrebbe essere il momento per imporre, in cambio del voto favorevole, il riconoscimento del diritto a dividendi maggiorati o il “voto plurimo” su determinate materie.
Buon giorno sr volevo fare una domanda espero essere chiaro , c’è un ristoratore che cerca un socio io sarei interessato a diventarlo sucede pero che non so niente al riguardo di come y cosa fare il padrone è uno solo e io sarei un socio al 30%
Rispondo con molto ritardo perchè mi era sfuggito il quesito. Forse a Lei ormai non serve più la riposta. Trattandosi di tema di interesse generale osservo però che è sempre sconsigliabile assumere il ruolo di socio di minoranza di una società.
Se lo si vuole fare occorre stipulare con il socio di maggioranza un patto che consenta il coinvolgimento nelle scelte gestionali e il controllo “reale” della contabilità oltre che il coinvolgimento quando il socio di maggioranza dovesse cedere la sua quota.
salve, e se mio capo mi vuole far diventare socio con 1%, e mi riferisce di stare tranquillo che anche se la ditta fallisce, a me non riporta nessun danno, e vero? grazie mille
Ciao Marian.
Francamente non sono così sicuro che tu possa “stare tranquillo”. Dovresti verificare se ti è chiesto di entrare in una società nella quale in caso di fallimento falliscono anche i soci a titolo di “fallimento in estensione”.
Questo succede sempre nella società semplice e nella s.n.c. e succede per i soci accomandatari nella s.a.s.