L’impresa può obbligare i propri debitori a pagare solo se è in possesso di un “titolo esecutivo”, ossia di un atto in presenza del quale la legge consente l’aggressione del patrimonio del debitore per assicurare la soddisfazione del credito (aggressione che si definisce “pignoramento”).
Nella pratica degli affari si conoscono, anzitutto, i titoli esecutivi liberamente formati dalle parti (assegni, cambiali e altri titoli di credito e oggi anche scritture private autenticate da Notaio contenenti riconoscimento di debito).
I titoli esecutivi sono oggi normalmente costituiti da sentenze dei Tribunali (anche perché assegni e cambiali sono meno utilizzati di quanto avveniva in passato).
Per ottenere una sentenza occorrono, però, mesi o – più spesso – anni.
È bene quindi ricorrere allo strumento del “decreto ingiuntivo”.
Il decreto ingiuntivo non è che una sorta di sentenza provvisoria ottenuta dal Tribunale, con l’assistenza di un avvocato, senza che il debitore sia sentito e pertanto pronunciata in pochi giorni.
Per ottenere il decreto è necessario offrire al Tribunale la prova scritta del credito azionato, che può essere in particolare costituita dall’estratto delle scritture contabili civilistiche e fiscali autenticato da Notaio.
Dopo la pronuncia il decreto è notificato al debitore che ha normalmente quaranta giorni per proporre opposizione. Se non vi è opposizione, il decreto diventa definitivo e consente di procedere al pignoramento dei beni del debitore.
Il decreto ingiuntivo non è sempre “esecutivo”, ossia suscettibile di essere messo in esecuzione e di solito non consente di pignorare i beni del debitore sino alla scadenza del termine di opposizione.
La legge processuale prevede, tuttavia, che quando esistano prove del credito particolarmente qualificate (come un riconoscimento del debitore) o quando sussista pericolo nel ritardo, il decreto possa essere “esecutivo” ossia consentire senz’altro l’aggressione del patrimonio del debitore.
Cosa accade in caso di opposizione? Se il decreto è opposto si avvia una causa ordinaria, con i costi e i tempi a tutti noti. Il vantaggio di questa speciale procedura non cessa, tuttavia, completamente, dato che se l’opposizione non è fondata su di una prova particolarmente qualificata (“scritta o di pronta soluzione” dice la legge) il Giudice può comunque concedere in corso di causa la provvisoria esecutività al decreto opposto.
È bene sapere che per essere nelle condizioni di procedere all’occorrenza con un decreto ingiuntivo l’impresa deve mantenere adeguata documentazione dei propri crediti ed essere in possesso di regolare documentazione fiscale (fatture regolarmente annotate).
Quasi non occorre ricordare (ma è bene farlo) che qualsiasi confusione amministrativa e qualsiasi irregolarità nella fatturazione può essere di ostacolo per il recupero dei crediti con decreto ingiuntivo: tale situazione può, infatti, impedire l’emissione del decreto o costituire pretesto per l’opposizione del debitore.
Un cenno, infine, ai costi.
La procedura impone, oltre alle spese legali, anche il pagamento dell’imposta di registro, che è quella “fissa” di 168,00 Euro per i rapporti soggetti a IVA e pari al 3% per i rapporti non soggetti a IVA (salve le riduzioni e le esenzioni di legge).
Le spese legali devono essere concordate con il professionista di fiducia: è bene, però, ricordare che esiste comunque l’onere del pagamento del c.d. “contributo unificato” per le spese di giustizia, proporzionale al valore del credito e comunque sempre inferiore ai 1.000,00 Euro per le procedure d’ingiunzione.