SE UNA SOCIETÀ NON ADEMPIE A UN CONTRATTO GLI AMMINISTRATORI DEVONO RISARCIRE IL CONTRAENTE? UN’IMPORTANTE DECISIONE DELLA CASSAZIONE.

m-lastangataLa Corte di Cassazione ha di recente deciso il caso di una società che aveva incassato importanti acconti per la vendita di immobili “sulla carta” senza poi consegnarli perché priva dei mezzi per costruirli  (sentenza Prima Sezione Civile n. 17794 del giorno 8 settembre 2015).

Il caso era caratterizzato dal fatto che diverse persone erano state indotte a stipulare contratti preliminari, versando anticipi sul prezzo perché in buona fede convinte della solidità finanziaria della società venditrice.

Il bilancio di tale società, infatti, indicava un capitale versato più che doppio rispetto ai versamenti effettivamente eseguiti dai soci.

I promissari acquirenti avevano agito con particolare decisione contro gli amministratori della società, ottenendone il rinvio a giudizio per il reato di false comunicazioni sociali e chiedendo la loro condanna al risarcimento del danno.

La vicende, dopo varie fasi processuali, è arrivata in Cassazione e la Corte ha affermato che, in linea di principio, i terzi acquirenti danneggiati potevano ottenere la condanna degli amministratori al risarcimento del danno in loro favore in base alla disposizione dell’articolo 2395 del codice civile, norma riferita alle società per azioni (una regola analoga è contenuta nell’articolo 2476 in materia di s.r.l.)

Tale norma afferma che i terzi estranei a una società che siano stati direttamente danneggiati dagli amministratori della società stessa hanno diritto a ottenere il risarcimento del danno dagli amministratori medesimi.

È una norma poco applicata, perché di solito è veramente difficile dimostrare di avere subito un danno derivante non da un comportamento della società ma dalla condotta degli amministratori: se una società non adempie un contratto il comportamento antigiuridico, normalmente, è della società, non dei suoi amministratori.

Nella sentenza numero 17794 la Cassazione ha stabilito che i promissari acquirenti danneggiati avrebbero potuto ottenere dagli amministratori il risarcimento del danno se avessero dimostrato che erano stati proprio i dati falsi del bilancio a indurli a stipulare il contratto preliminare, versando acconti.

Non potendo decidere sul punto la Corte ha quindi rimesso la causa alla Corte d’Appello di Trieste, perché valutasse il nesso esistente tra i dati di bilancio e la decisione di stipulare il contratto preliminare.

La sentenza è veramente importante, perché afferma un principio che può essere utile per i tanti contraenti “deboli” che non riescono mai a ottenere nessuna forma di garanzia dagli amministratori delle società con le quali hanno rapporti d’affari (a differenza dei contraenti “forti” che spesso riescono a ottenere da tali amministratori garanzie personali dell’adempimento della società).

La Cassazione ha affermato, in buona sostanza, quanto segue: se il bilancio di una società è “falso”, ossia rappresenta una situazione patrimoniale solida che in realtà non c’è i terzi creditori insoddisfatti possono agire per la condanna degli amministratori della società al risarcimento del danno se dimostrano che sono state proprie le informazioni di bilancio a indurli a stipulare un contratto con la società.

Credo quindi che, dal punto di vista pratico, le imprese potrebbero attrezzarsi per ottenere l’applicazione di questo principio in proprio favore.

Ogni volta che è stipulato un contratto con una società (anche in forma verbale o telematica) si potrebbe attestare con una dichiarazione che il contratto è stato stipulato dopo avere esaminato il bilancio di quella società e proprio sulla base delle risultanze di quel documento contabile.

La dichiarazione si potrebbe inviare alla società contraente, magari accompagnata da una richiesta di conferma delle risultanze del bilancio.

In questo modo si potrebbero creare, in via anticipata, i presupposti per una futura azione contro gli amministratori di questa società se la stessa si rivelasse insolvente e se i dati di bilancio si rivelassero contemporaneamente inesatti.

Mi rendo conto che la soluzione proposta non sarà di applicazione facile e sicura, dato che non necessariamente l’insolvenza della società si accompagnerà a falsità in bilancio.

Credo, però, che valga la pena di tentare, quantomeno allo scopo di “responsabilizzare” gli amministratori delle società debitrici, soprattutto nei casi in cui non ci sono i presupposti per ottenere la dichiarazione di fallimento della società debitrice (o quando risulti più conveniente agire contro gli amministratori piuttosto che chiedere il fallimento della società).

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