IL DISSENSO NELLE ASSEMBLEE DELLE SOCIETA’.

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Un momento dell’assemblea 2012 dei soci di Walmart, colosso USA della distribuzione.

Siamo nelle settimane delle assemblee di bilancio:è l’occasione per riflettere sullo svolgimento delle riunioni assembleari.

In occasione dell’assemblea emergono conflitti tra i soci motivati da divergenze di interesse economico e imprenditoriale o anche – specie nelle società più piccole – da conflitti personali e familiari.

Le assemblee si trasformano talvolta in riunioni disordinate e confuse, che costituiscono il presupposto per future cause e per mille conflitti interni alla società.

Mi è capitato il mese scorso di assistere a un’assemblea nella quale i soci di maggioranza, membri di un unico gruppo familiare (che esprimevano il presidente della riunione) accusavano strumentalmente il gruppo dei soci di minoranza (costituenti un diverso gruppo familiare) di trovarsi in conflitto di interesse in una deliberazione relativa all’aumento del capitale.

I soci di minoranza avevano predisposto articolati interventi, densi di riferimenti alla situazione aziendale e corredati di proiezioni finanziarie sulle conseguenze dell’approvazione della delibera.

Il presidente non ha, però, consentito né l’espressione e la verbalizzazione delle osservazioni dei soci di minoranza né, tantomeno, l’esercizio del voto da parte di costoro.

Ne è seguita una causa di impugnazione delle deliberazione che si concluderà certamente in modo negativo per la società.

Tutte le parti coinvolte dovranno investire tempo e risorse economiche per la causa e per molto tempo saranno rovinati i rapporti tra i due gruppi di soci (che lavorano tutti alle dipendenze della società).

In questo caso (come in tanti altri casi simili) il conflitto avrebbe potuto essere evitato se solo il presidente dell’assemblea avesse avuto una chiara consapevolezza dei limiti delle sue funzioni.

Va, infatti, sempre ricordato che nel nostro sistema chi presiede l’assemblea ha certamente il potere di far sì che la discussione si mantenga nei confini dell’ordine del giorno e non divenga una tumultuosa riunione-fiume.

Il presidente non può, però, mai impedire la partecipazione e la votazione dei soggetti che ne siano astrattamente legittimati, ancorché si trovino, a suo parere in posizione di conflitto di interessi.

Allo stesso modo il presidente, con il segretario, è tenuto ad assicurare la verbalizzazione, sia pure per riassunto, delle dichiarazioni dei soci (e degli altri soggetti partecipanti alla riunione come gli amministratori e i sindaci) che siano pertinenti all’ordine del giorno, ma non può impedire la partecipazione e il voto solo a chi si trovi in condizione tale da impedire in radice la partecipazione o la votazione.

In altre parole: è possibile impedire la votazione di un socio moroso nell’effettuazione del conferimento, ma non è possibile impedire la libera espressione di chi non abbia impedimenti formali alla partecipazione alla riunione e alla votazione.

Va, infine, considerato che il presidente è anche tenuto al rispetto della buona fede nella conduzione della riunione, evitando, in particolare, di alterare l’elenco delle materie da trattare in modo tale da favorire l’approvazione di deliberazioni gradite a gruppi di soci la cui proclamazione sia assorbente rispetto a proposte gradite ad altri soci.

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